mercoledì 6 giugno 2012

Nome di battaglia: il moro

Avevo provato, inutilmente, a scrivere per tutto il pomeriggio. Stavo seduto vicino alla finestra e giocavo con la penna. L’albergo che avevo scelto aveva la pessima caratteristica di affacciarsi su una grande piazza. Il mio istinto umano mi guidava giù in strada ad osservare i miei simili, mi alzai quasi ad affermare la mia superiorità sul genere umano, li vedevo immensamente inutili.
Li osservai per pochi istanti, poi tornai alla mia noia. Sapevo d’essere una barca in mezzo ad un bosco e all’orizzonte non c’erano nuvole. La giornata era grigia, in sintonia con il mio umore. Mi rimisi a sedere, lasciai la sedia mezza spostata e lontana dal tavolo. Mi sedetti in maniera scomoda e dolorosa per la schiena, giusto per dare un po’ di novità alla mia monotonia. Mi grattai velocemene la testa, poi presi la penna e iniziai a scrivere:
Proviamo a pensare alla scia che lascerebbe una persona se le suole delle sue scarpe fossero unte di vernice. Proviamo a pensare ai chilometri di vita segnati sull’asfalto. Proviamo a pensare a queste migliaia di chilometri che si intrecciano nelle stanze, nei corridoi, nei bagni, degli alberghi. Chilometri e chilometri di vernice che provengono da posti diversi. La vita dell’avvocato che si intreccia con quella di un piccolo moccioso. La vita della giovane insegnante che si intreccia con quella del pensionato. La vita del vecchio partigiano che si intreccia con quella di sua nipote. La vita dell’aspirante suicida con quella della suora. La vita di chi scappa e di chi si sta cercando. Un albergo ben saldo alla madre terra testimone di migliaia di vite che appena dietro la luce, troveranno il buio. E la morte.

Riposi la penna, mi appoggiai allo schienale e intrecciando le mani dietro la testa, chiusi gli occhi. Vidi il buio ma non la morte. Quella poteva aspettare.

2 commenti:

  1. Vita e morte. Difficile da accettare, ma due faccie di una medaglia unica. L'una indissolubile dall'altra. C'è un prima e un dopo. Forse. In mezzo, vita.
    ma come dice la saggezza popolare, Per pagare e per morire, c'è sempre tempo.
    Sei bravo a scrivere. Ciao.

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  2. La cosa più bella è che per scrivere non c'è sempre tempo. Lo devi fare quando sei vivo, perché prima non esisti e dopo è troppo tardi.

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