martedì 9 settembre 2014

Quei due là



La giornata è serena e ventilata. Il sole è già ben alto. Nessun elemento naturale dà fastidio. Vedo una ragazza in bici e un ragazzo, a piedi, che la accompagna. Sono belli ma non spensierati. Si guardano negli occhi e mi viene in mente questo mio racconto, “La fotografa che aveva il mondo negli occhi”.
Buona lettura!



Uscì dal portone del palazzo ottocentesco dove i suoi titolari avevano deciso di trasferire l’ufficio, tirava una leggera brezza e c’era ancora luce. Erano le 18 e zero quattro, pensò subito che se si fosse mossa rapidamente avrebbe avuto almeno un’oretta per scattare qualche foto.
Passò davanti al civico 29, la vecchia casa degli orrori, così si diceva in città. In realtà, in quella casa vivevano due vecchi indigenti, senza occhi per piangere e senza pane da mettere sotto i denti.
Si incamminò per il centro cittadino, dovette fare un po’ di slalom tra cinquantenni in carriera che facevano finta d’avere la metà degli anni e coppiette che camminavano mano nella mano. Attraversò le piazze, dove intere compagnie di adolescenti bevevano spritz e schiamazzavano come fosse l’ultimo dell’anno. Sembravano le orde barbariche che scendevano dal nord-europa, con la differenza che quei giovani volevano saccheggiare solo le dispense dei bar.  Si fermò un attimo ad osservarli, rise soddisfatta per aver superato quell’età, momento della vita in cui sei abbastanza giovane per credere che la vita sia bella ma poco saggio per sapere che i problemi veri erano sono l’angolo.
Passò per casa a recuperare lo zaino da esterni, ritornò di buona lena in strada e proseguì per via San Sebastiano, tenne la testa bassa per non guardare altra gente in faccia. Voleva semplicemente mettersi a fotografare, per lei il mondo aveva un altro significato se visto da dietro un obbiettivo. Arrivò, finalmente, al lungargine. Scese i pochi gradini che la separavano dal fiume. Ora stava camminando sui ciottoli del letto del fiume, c’era poca acqua. Osservò il sole, ormai stanco e pronto a salutare la notte, la luce era fantastica. Appoggiò lo zaino, tirò fuori la sua Nikon e prese a fotografare. Rimase lì per circa un quaranta minuti, fece molti scatti. Forse qualcuno non era poi così male. Chissà.
Restò ancora un po’ seduta lungo la riva, fumò un paio di sigarette. Prese lo zaino e la macchina fotografica e prima di andarsene si voltò un’ultima volta a guardare il fiume. Il sole si rifletteva nell’acqua, pensò a quando era piccola e all’amica della nonna, la sua amata nonna, che le diceva che aveva un mondo in quegli occhi.

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