lunedì 23 maggio 2016

A proposito di poeti

Da qualche giorno, per motivi vari, mi è capitato di nominare e di leggere il nome di Jack Hirschman.
Professore e poeta, molto vicino alla Beat Generation, dalla quale prese le distanze, definendo la loro una "rivoluzione borghese", fatta di droghe e di misticismo orientale. Più vicino politicamente e culturalmente, invece, ai movimenti radicali afroamericani e al Communist Labor Party. Se pensate che Ginsberg e Kerouac fossero due outlaw, il buon Jack li distanzia tutti. Forse perché è perso a cercare La Felicità.



C’è una felicità, una gioia
nell’anima che è stata
sepolta viva in ciascuno di noi
e dimenticata.

Non si tratta di uno scherzo da bar
né di tenero, intimo umorismo
né di amicizia affettuosa
né un grande, brillante gioco di parole.

Sono i superstiti sopravvissuti
a ciò che accadde quando la felicità
fu sepolta viva, quando essa
non guardò più

dagli occhi di oggi, e non si
manifesta neanche quando
uno di noi muore – semplicemente ci allontaniamo
da tutto, soli

con quello che resta di noi,
continuando ad essere esseri umani
senza essere umani,
senza quella felicità.

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