martedì 10 gennaio 2017

Per parlare di Chinaski con competenza

Sapete quanto non voglia mai parlare di Bukowski, già troppe persone ne parlano e il 99,99% di lui conosce soltanto qualche opera, quindi preferisco stare zitto e amarlo segretamente. 
Oggi, però, farò uno strappo alla regola. Vi riporto parte di un articolo che completo lo trovate qui---> jungitalia/bukowskieilsuomondopoeticoinfernale.
Nell'articolo, Charles Bukowski viene descritto in alcuni suoi aspetti da Marwan, poeta contemporaneo spagnolo, ecco qualche passo. E' onestamente un articolo di una persona competente, che merita.
Quando penso a Bukowski me lo immagino da piccolo mentre fa il gioco del mondo all’inferno, lanciando coltelli invece che sassi, un bambino a cui la scriminatura la faceva il diavolo in persona. Suppongo che avesse ereditato quell’inferno interno dai suoi genitori, i quali a loro volta avevano ereditato il loro inferno interno da un sogno americano morto impiccato a una trave.
Nel cuore di Bukowski ululano lupi e suona una strana musica di tubature e molle arrugginite di brande di pensione. La sua era un’infanzia di bende insanguinate buttate a terra, la tenerezza era fuggita con un treno all’alba e forse era sua nonna quella che tra stufati e sguardi al passato gli lavava le camicie pensando che i sogni a volte non sono altro che un espediente da ubriachi che dicono la verità ma non la compiono.
Lo immagino mentre scrive i suoi primi racconti con le unghie sui muri di una cella, ricordando e usando come filo conduttore la zuffa che lo aveva portato in quella galera. Vi si sente odore di urina secca, l’umidità inclemente che impregnava l’anima degli uomini a cui assomigliava più di quanto forse non volesse. Su quegli scritti plana il fallimento come un parapendio su una spiaggia, senza perdere di vista le bagnanti nude, vedendo la bellezza da lontano, vedendo la bellezza irraggiungibile.
Bukowksi ha scritto la biografia di tutti gli ubriachi da quattro soldi, dei figli del nulla, degli uomini per cui un piatto caldo e un sorso di vino era quanto di più simile a un banchetto nuziale conoscessero. Tutte le sue pagine, per come le ricordo, sono impregnate dell’acqua marrone che gronda dai tunnel dell’autolavaggio, sono racconti di pelle carta vetrata. So che ripeteva spesso che lo scritto non era totalmente autobiografico, che altrimenti non sarebbe arrivato alla vecchiaia...
La sua letteratura sa di contratto a tempo determinato, è letteratura a due dollari l’ora, poesie in cui donne scalcinate ridono con la faccia sgangherata, donne che lasciano che il primo sconosciuto le monti in un bagno allagato...
C’è anche il Bukowski della risata e nelle poesie si trova anche quello della tenerezza. Ci sono poesie memorabili di questo senso, ma il ricordo che normalmente se ne ha non è questo, bensì quello di un uomo che la vita ha condotto alle periferie di se stesso, trascinandolo talmente in basso che al suo fianco un nano parrebbe un campione olimpionico sul podio. Tutto quel che scrive rimanda a luoghi in cui muore di fame l’innocenza...

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